venerdì, novembre 11, 2011

La politica, il PD, la Leopolda. Riflessioni di Massimo Lari


Sembra che il problema di molti sia quello “non voler morire comunista o democristiano”, oppure “berlusconiano”.
Vorrei che si capisse una volta per tutte che il problema non è questo.
Io dico semplicemente che non voglio morire, voglio vivere e per vivere e non morire dobbiamo darci una prospettiva, una speranza, dobbiamo ritrovare un sogno, non possiamo continuare a lamentarci e se vogliamo farlo dobbiamo essere semplici, lineari, chiari, responsabili, etici nel nostro fare quotidiano, nelle azioni che facciamo.
Il momento drammatico che stiamo vivendo impone di dover fare grandi cambiamenti, scelte difficili e dolorose e la politica non può che essere il fulcro di tutto questo, la politica deve però essere di esempio, non può fare finta di niente, come se quello che accade fuori non debba andare a toccare certi meccanismi, certe dinamiche che portano sempre e comunque ad un iniquo mantenimento di sacche di privilegio. Se la  politica non dà l’esempio si delegittima da sola.
Enrico Berlinguer nella famosa intervista a Scalfari diceva che “ Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire”.
Aveva ragione, aveva tremendamente ragione.

Troppo spesso il mondo della politica appare come un mondo a parte, un mondo in cui si fanno ragionamenti incomprensibili ai non addetti ai lavori, un mondo autoreferenziale che pensa solo ad auto riprodursi ed auto tutelarsi.

Il Partito Democratico deve rappresentare il punto di rottura con tutto questo, deve essere quel contenitore, catalizzatore di idee, quel produttore di riformismo capace di cambiare tutto questo.

Troppo spesso però prevalgono logiche dettate dai giochi di forza di questo o quel capocorrente e le energie si sprecano per mediare, limare una parola, produrre documenti, linee di indirizzo fatte di equilibrismo ed opacità, frutto di un metodo che troppo spesso impedisce la discussione  negli organi preposti (penso alle varie assemblee quasi mai convocate) ma sposta le decisioni su tavoli diversi, dove  prevalgono dinamiche che perseguono l’interesse di un gruppo, di una corrente, di soggetti che portano solo autoreferenzialità.

Dobbiamo avere, dobbiamo darci una speranza, non possiamo continuare a giocare di rimessa, dobbiamo definire gli obiettivi, nel partito, nelle amministrazioni che governiamo, dobbiamo ritrovare un po’ d’entusiasmo, un po’ di fiducia in noi stessi e provare a muovere finalmente per primi, provare a mettersi in gioco.

Mai come adesso credo che chi ha capacità, che chi può portare qualcosa al bene comune, quella che è la parte migliore del nostro paese debba farsi carico dell’interesse generale e partecipare, partecipare alla vita pubblica.  
E il posto dove fare questo non può che essere il Partito Democratico, quel Partito Democratico veramente riformista in cui tutti noi  al momento della sua nascita  abbiamo creduto.

E’ il momento della responsabilità e chi ha capacità deve responsabilmente metterle a disposizione della cosa comune e il luogo in cui questo deve avvenire non può che essere il Partito Democratico, quel Partito Democratico che non può essere fatto di farisei che lanciano anatemi contro chiunque provi a dire, a fare qualcosa, ma che invece è attento, è capace di ascoltare, di dare voce a  quella maggioranza silenziosa che giorno dopo giorno manda avanti il paese, a quella maggioranza silenziosa che ha sempre pensato di poter essere utile a se stessa, alle proprie famiglie, alla società svolgendo il proprio lavoro con serietà, correttezza, eticità, creandosi magari una famiglia, mettendo al mondo dei figli, quella maggioranza silenziosa che non cerca qualcuno che dica di rappresentarla, ma che ha bisogno di qualcuno che scelga di ascoltarla, che non cerca qualcuno che le chieda di obbedire,  quella maggioranza silenziosa che vuole decidere con la propria testa, non in nome di un’ideologia, ma in base alle cose che ci si propone di fare e che si riesce a fare, magari non strabilianti, ma eque, magari non eclatanti, ma giuste.

Dobbiamo continuare sempre a muoverci in difesa dei deboli, degli emarginati, di quelli che non hanno voce, di quelli che sono vittima dell’ingiustizia, ma una domanda che continuo a farmi ogni volta che ci penso è chi sono oggi i deboli, gli emarginati, quelli che non hanno voce, quelli che sono vittime dell’ingiustizia, chi sono? E poi mi chiedo se davvero sono quelli che noi pensiamo o che storicamente abbiamo pensato che fossero? Quelli che storicamente noi abbiamo pensato di garantire, di aiutare,  mettendo in essere un sistema rigido di tutele, un sistema però non sufficientemente dinamico, che ha creato anche da una parte sacche di privilegio e dall’altra precarietà, sia nel mondo del lavoro così come nella società tutta. Un sistema che ha contribuito a creare precarietà e non flessibilità, staticità e non dinamismo, ingiustizia e non equità. Un sistema che ha ingessato la nostra società favorendo troppo spesso non il merito, ma la rendita.

Dalla Leopolda arrivano segnali importanti in tal senso, un confronto serio con la realtà.
I 100 punti sono proposte scaturite dal confronto delle idee, dal vissuto di esperienze concrete, di vita, di lavoro, dal quotidiano di chi i problemi li affronta sul campo.
In gran parte condivido i temi fondamentali individuati e le proposte elaborate per cambiare davvero le cose, il tutto esplicitato in un modo chiaro, diretto e comprensibile.
Penso alle proposte di riforma del mondo del lavoro  (chi mi conosce sa che non ho mai fatto segreto di condividere le proposte di legge relative alla flexsecurity), alle proposte di modifica del sistema previdenziale e del sistema di tassazione (tra cui l’abolizione dell’imposta più iniqua, l’Irap, che colpisce il lavoro, così come lo spostamento della tassazione dal reddito personale e delle imprese alla rendita), penso alle indispensabili riforme dello stato  (diminuzione dei parlamentari, ritorno ai collegi uninominali, abolizione vitalizi, e così via); penso alle proposte sulla giustizia che è un’altra fonte incredibile di iniquità sociale; le proposte per la cultura, la scuola, l’università e così via.
Proposte chiare, semplici, dirette, concrete.

Dalla Leopolda  arrivano segnali che portano, che ridanno una speranza e non possiamo non coglierli. Magari per qualcuno sono “fastidiosi”, ma dobbiamo comprendere che il Partito Democratico è capace di fare tutto questo, che il Partito Democratico ha queste potenzialità, perché la Leopolda non è un patrimonio di qualcun altro, ma nostro, del Partito Democratico, non dobbiamo averne paura, dobbiamo capire che Matteo Renzi non gioca contro il PD, ma gioca nel PD., per il PD. Non possiamo lasciare ad altri questo patrimonio.
Matteo è una voce che interpreta alcuni, molti cambiamenti necessari.
Adesso come non mai dobbiamo riuscire a trasmettere una speranza e questo non può essere fatto da chi per anni non è riuscito a farlo, c’è un momento in cui non basta avere idee che si pensa siano giuste ed eque, non basta, ci vuole chi riesca a trasmettere la speranza che quelle idee siano  realizzabili e non possono essere coloro che per decenni non sono riusciti a farlo.
C’è bisogno di una rottura, di un cambio di passo.

                                                                                                     Massimo Lari
                                                                                           Capogruppo PD Lastra a Signa

1 commento:

  1. Serenella Angeli11/12/2011 10:50 AM

    Caro Massimo e caro PD condivido ogni parola, ma...c'è sempre un ma, pronto a rovinare tutto. Il vero problema del PD e di tutta la sinistra è quello di non essere mai riusciti ad includere quelli che cantando, fuori dal coro, esprimevano dubbi e perplessità, quelli che da sempre, forse con un pò troppa ideologia, hanno difeso i "diritti" dei più deboli...."diritti" non " privilegi". Se questo PD deciderà di dare un segnale di rottura, forte e inequivocabile, rispetto al passato, molti di noi " disillusi dalla politica",torneranno a crederci, ad impegnarsi, a partecipare.....ma il PD non dovrà e non potrà più essere il contenitore di "ex qualcosa", il rinnovamento non si pratica con i figli,i nipoti, con le mogli o con i mariti e gli amici, soprattutto se questi non hanno le caratteristiche politiche atte a svolgere un ruolo, comunque, di potere. Fare politica è una cosa seria,darsi alla politica è un atto di assunzione di responsabilità e non si può,ma soprattutto non si deve , come in un lascito testamentario, passare la poltrona. Si cominci dalla nostra piccola realtà paesana a dare un segnale, sono convinta che tanti, seguiranno l' esempio, ma, se anche così non fosse, questa classe dirigente, avrebbe il merito di averci provato.
    Forse il "partito degli astensionisti", che oggi si attesta al 47%, avrà meno tesserati.
    Saluti

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