martedì, aprile 23, 2013

Quale futuro per il PD?

La settimana terribile del paese ancora non è finita e le domande che giungono dai nostri elettori, simpatizzanti ed iscritti è sempre la stessa: cosa è successo? Perché? 

Mi dispiace, non abbiamo risposte.  Non ho risposte. 

Solo pensieri e idee. Questa è la cosa che più mi dispiace e mi pesa. 

Non avere la possibilità di rispondere a domande semplici e doverose dei nostri elettori e concittadini. 

Nell'era della comunicazione veloce ed immediata, la dirigenza nazionale in un contesto così drammatico e caotico ha lasciato i cittadini e la “classe dirigente” territoriale, quella che ci mette la faccia sempre, senza informarli di quello che stava succedendo e sopratutto senza spiegare le proprie scelte che sono  apparse spesso contraddittorie. 

Ci siamo fatti una nostra idea attraverso il filtro dei giornali o attraverso le pagine Facebook e Twitter dei dirigenti/parlamentari, utilizzati però più per cercare un momento di popolarità piuttosto che per informare coloro che  li "seguono". 

E in questo enorme volume di informazioni nessuno ci ha spiegato dove il nostro Partito voleva andare e quale era la strategia. 

Se una classe dirigente non è in grado di spiegare le proprie scelte non è capace di fare il proprio mestiere. 

Io rimango con il dubbio del perché abbiamo presentato Marini; del perché abbiamo “bruciato” uno dei padri fondatori del PD, Prodi; del perché non è stato sostenuto Rodotà…ma soprattutto del perché abbiamo perso ancora l'occasione di scegliere come Presidente  una persona che desse un segnale di cambiamento. 

Siamo dei conservatori con una classe dirigente che pensa principalmente alla propria sopravvivenza fregandosene del paese e del “bene comune”. 

In questa settimana è stata distrutta definitivamente quella pochissima credibilità che i nostri politici dirigenti nazionali avevano ancora, purtroppo vanificando e mortificando in pochi giorni il grande lavoro, generoso e disinteressato, dei tantissimi militanti che credevano e ancora credono nel Partito Democratico. 

Il paese è in grossa difficoltà, difficoltà dovuta all'incapacità di chi ci ha governato in questi anni, e nel momento in cui il nostro Partito poteva dare una mano ha fallito il proprio compito. 

La classe dirigente, nazionale e non solo, non ha voluto interpretare i chiari segnali di cambiamento che il paese chiedeva cercando di salvaguardare principalmente se stessa. Spero vivamente che questa per loro sia l'ultima tappa.  

L'elezione del Presidente della Repubblica è stato l'atto finale della tragedia iniziata con la non vittoria delle elezioni. 
La rielezione di Napolitano è una palese dimostrazione del fallimento della politica italiana. Napolitano è persona degna e rispettabile, ma sicuramente è una scelta di ripiego, ancora una volta la scelta dell'usato sicuro. 

Per cambiare occorre fare scelte coraggiose. 

Nonostante tutto io credo che le motivazioni che hanno portato alla nascita del Partito Democratico siano oggi più valide di quanto non lo fossero ieri. Quelle idee e quel Partito che si è involuto  scostandosi sempre più dall’idea iniziale che aveva fatto nascere il Partito Democratico e che vede Veltroni e Bersani, inevitabilmente in quanto segretari, come i maggiori responsabili di questo insuccesso. 
 
Sono ancora convinto che il Partito Democratico sia necessario per portare fuori dalla crisi economica, istituzionale e culturale questo paese ma non potrà farlo certamente questo Partito con gli interpreti che hanno messo in scena il pessimo spettacolo di questa settimana. 

Stefano Calistri
Segretario PD Lastra a Signa

lunedì, aprile 08, 2013

No ad un Governo precario

La lettera di Bersani  "La Repubblica"  8 aprile 2013

Caro direttore,
nell`articolo domenicale di Eugenio Scalfari, insieme
con tante considerazioni che mi trovano d`accordo,
c`è un passaggio che mi offre l`occasione di una
precisazione. Scalfari scrive: «Non condivido la tenacia
con cui Bersani ripropone la sua candidatura».

L`osservazione è inserita, al solito, in un contesto amichevole
e rispettoso di cui ringrazio Scalfari. Devo registrare
tuttavia che una valutazione simile si fa sentire
anche in contesti ben meno amichevoli. Nelle critiche
aggressive e talvolta oltraggiose di questi giorni,
nelle inesauribili e stupefacenti dietrologie, e perfino
nelle analisi psicologiche di chi si è avventurosamente
inoltrato nei miei stati d`animo, non è mai mancata
la denuncia verso una sorta di puntiglio bersaniano.

Ecco dunque l`occasione per precisare. La proposta
che ho avanzato assieme al mio partito (governo
di cambiamento, convenzione per le riforme) non è
proprietà di Bersani. Ripeto quello che ho sempre
detto: io ci sono, se sono utile. Non intendo certo essere
di intralcio. Esistono altre proposte che, in un
Paese in tumulto, non contraddicano l`esigenza di
cambiamento e che prescindano dalla mia persona?

Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci dire:
per chi crede nella dignità della politica e conserva
un minimo di autostima, queste sono ovvietà! È forse
meno ovvio ribadire una mia convinzione
profonda, cui farei fatica a rinunciare. Il nostro Paese
è davvero nei guai. Si moltiplicano le condizioni
di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta
di fiducia. Ci vuole un governo, certamente. Ma un
governo che possa agire univocamente, che possa
rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella
dimensione reale, nella vita comune dei cittadini.

Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie
composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio
giocato solo nel circuito politico-mediatico. In
questo caso, predisporremmo solo il calendario di
giorni peggiori.